lunedì 9 febbraio 2009

Piccolo prontuario musicale - il post che segue non è un mio delirio di cultura musicale  mi serve però che lo leggiate, assieme al prossimo, per capire meglio il terzo e ultimo post che scriverò


Nota: "suono" prodotto da un corpo messo in vibrazione ad una certa frequenza. (per es. pizzicando una qualsiasi delle sei corde della chitarra la corda entra in vibrazione e vibra, a seconda della corda, ad una certa frequenza. Più alta è la frequenza più "alta" sarà la nota). Contrariamente a quanto si "crede" le note non sono 7, bensì 12. Abbiamo le sette note che tutti conosciamo (do re mi fa sol la si), ma anche altre cinque dette anche "note alterate" (i famosi diesis-bemolle di cui tutti penso abbiamo sentito parlare). L'uso delle note alterate dipende da "dove" la scala sta andando, se cioè in senso ascendente o discendente. Nel primo caso useremo i diesis, nel secondo i bemolle. Al lato "pratico" però non cambia assolutamente nulla. La scala c.d. "cromatica" è formata da tutte e dodici le note, ossia do-do#/reb-re-re#/mib-mi-fa-fa#/solb-sol-sol#/lab-la-la#/sib-si-do (volendo il do potrebbe essere scritto anche come si#).


Intervallo: è la "distanza" tra una nota un'altra. Due note "diverse", quindi non uguali per frequenza, avranno un certo intervallo a seconda della "differenza" di frequenza. Per essere più "terra a terra" provate ad immaginare i tasti del pianoforte. Due tasti vicini danno note diverse. Nella musica occidentale è diffusissima questa "separazione" e l'intervallo "minimo"(ossia lo spazio tra due tasti vicini) è detto semitono. Nella musica araba si hanno anche strumenti dove i "tasti" hanno intervalli di quarto di tono.


Scala: sequenza di note caratterizzata da una precisa struttura di intervalli. Solitamente la struttura alterna semitoni a toni (un tono è dato da due semitoni). Ogni nota della scala prende il nome di grado della scala. La scala c.d. "maggiore" è caratterizzata dalla seguente struttura: tono-tono-semitono-tono-tono-tono-semitono. Se volessimo "costruire" la scala maggiore di do avremmo le seguenti note: do - re - mi - fa - sol - la - si (questo perchè, se guardate le note della scala cromatica e cercate gli intervalli vedrete che partendo dal do un intervallo di un tono vi porta al re, poi dal re un altro tono e cioè mi e così via...). Il concetto di "grado" è importante quando si parla di accordi. 


Accordo: si ha un accordo quando due o più note vengono suonate assieme. Il nome dell'accordo è data dalla "relazione" tra la nota più bassa e quella più alta. (Non è una regola ferrea, dato che il nome potrebbe essere dato dalla "relazione" tra la nota più alta e quella più bassa). Esempio "classico" è l'accordo a tre voci, ovvero a tre note, dal quale nascono i comuni accordi maggiore e minore. Ora: abbiamo detto che la scala di do maggiore è data da do re mi fa sol la si. Accordi maggiori e minori si costruiscono sul I - III e V grado della scala. La distinzione maggiore - minore, in questo caso, sta nel tipo di intervallo che esiste tra il I e il III grado. Quando abbiamo un intervallo dato da due toni abbiamo una "terza maggiore", se l'intervallo è dato da un tono e mezzo abbiamo una "terza minore". Tornando al nostro esempio con la scala di do abbiamo che il I grado è un do, il III un mi e il V un sol. Tra do e mi abbiamo due toni di "distanza", perciò un intervallo di una terza maggiore. Se avessimo avuto do e re# avremmo avuto una terza minore. Altro intervallo importante è la c.d.5', dato da un intervallo di tre toni e mezzo. Tra do e sol abbiamo una quinta. Mettendo assieme queste tre note abbiamo una "triade". Se consideriamo "fisse" la prima nota (do) e la terza nota (quella che ha un intervallo di 5' dalla prima e in questo caso il sol) e andiamo ad analizzare l'intervallo tra la prima nota e la seconda (il III grado della scala) avremo un accordo maggiore o minore, a seconda che la terza sia maggiore (accordo maggiore) o minore (accordo minore). Quindi la sequenza do - mi - sol mi darà un accordo di do maggiore, dato che tra do e mi abbiamo una terza maggiore. Ora la cosa si fa più interessante. Prendiamo la scala che abbiamo introdotto prima (do re mi etc.etc.) e suoniamo le stesse note, ma partendo dal re. Avremo: re mi fa sol la si do. Cosa cambia? Assolutamente niente, ma è importante notare una cosa. Ricordate l'esperimento di prima di individuare i tre gradi? Facciamolo ora partendo dal re. Avremo: re - fa - la. Che accordo è? Se sono riuscito a farmi capire prima, avrete già intuito che è un accordo minore, dato che tra re e fa c'è una terza minore. E infatti abbiamo un accordo di re minore (re m). Se facciamo questo giochino con tutte le note fino a tornare al do avremo una sequenza di accordi: do rem mim fa sol lam sim. Possiamo aggiungere che ora il re come nota è il secondo grado della scala di do ma possiamo anche dire che il rem è il secondo grado di una scala di do.


Progressione di accordi: sequenza di due o più accordi suonati di seguito. Se prendete gli accordi che abbiamo visto prima e li suonate in qualsiasi ordine vogliate e, con uno strumento "solista", ci suonate le singole note che compongono la scala di do (in questo caso) sarete sempre in tonalità, ossia, a parte dissonanze particolari, nota singola e accordo difficilmente stoneranno. Quando stoneranno non sarà perchè è "sbagliato", ma perchè le assonanze saranno legate ad intervalli particolari, come una seconda o una quarta. Sulle progressioni di accordi si basa il 90% di tutta la musica del mondo. A seconda della "sequenza" di accordi che costruite avrete dei particolari responsi sonori. Una sequenza classica è I IV V o I V IV o V IV I (colpa di alfredo di vasco per dirne una è V IV I), ma non esiste una regola specifica: ogni ordine di accordi, se a noi piace, può essere suonata. Tuttavia alcune sequenze risultano più orecchiabili di altre.

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