lunedì 15 dicembre 2008

"Saggio sulla lucidità" di Josè Saramago
"Un paese senza nome. Una città senza nome. Delle normali elezioni amministrative. Ma qualcosa non va per il verso giusto. La gente non va al mare, non diserta i seggi. Vota, ma vota scheda bianca. Un gesto rivoluzionario, una congiura anarchica, una provocazione di gruppi estremisti? Si ventila infine l'ipotesi che debba esservi un nesso fra la "rivolta delle schede bianche" e l'epidemia di cecità dilagata per un certo tempo quattro anni addietro. Uno degli agenti segreti sguinzagliati per la capitale indaga sulla donna che all'epoca non diventò cieca, indicata come l'autrice di un delitto; e su suo marito, il medico oculista. Entra in contatto con lei, e prende coscienza delle vere intenzioni del governo..."

Dopo averlo letto, credo l'unico gesto che si sarebbe potuto fare, avendo Saramago di fronte, sarebbe stato quello di applaudirlo. Il romanzo richiama un po' Cecità, ma non va considerato come suo seguito perchè non lo è. Lo stile è sempre il "suo", quello di Saramago, capace di fare una descrizione non facendola, non cadendo - come dice lui - nell'errore di riempire pagine e pagine di minuziosi particolari che non danno niente di più a quello che il lettore sta leggendo. Un'opera che spiazza, dalla prima all'ultima pagina ma che lascia intravvedere, sotto sotto, il marchio di fabbrica dello scrittore portoghese. Un altro dei miei libri preferiti.
Ho deciso comunque di fare un "fioretto": ho altri otto libri sul comodino che mi aspettano e prima di leggere un altro libro di Saramago DEVO leggere prima questi. Altrimenti poi rimango senza altri suoi libri da leggere.

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